1. Fundus oculi (oftalmoscopia binoculare indiretta e/o bio microscopia del fondo oculare con lente da 66 diottrie).La retinopatia diabetica può essere asintomatica quando le lesioni della retina si creano in periferia; pertanto, anche in assenza di disturbi della vista, è necessario uno screening strumentale nei soggetti affetti da diabete. Il primo esame utilizzato per studiare le strutture interne del bulbo oculare è l’esame del fondo oculare: Il fondo dell’occhio è l’unica parte del corpo umano dove è possibile osservare direttamente la microcircolazione e, quindi, le alterazioni a carico dei vasi retinici tipiche della malattia diabetica di lunga durata e/o scompensata. Consta di una tecnica di semplice esecuzione, che ha la finalità di esplorare la superficie retinica attraverso una lente, previa dilatazione della pupilla (midriasi) per identificare le lesioni tipiche della retinopatia. La midriasi si ottiene con colliri il cui effetto inizia dopo 10-15min e scompare dopo 4-6ore dalla somministrazione. L’esame del fondo oculare viene eseguito annualmente nel DM2 dalla diagnosi e tre/cinque anni dalla diagnosi del DM1. L’utilizzo della lampada a fessura consente di evidenziare l’eventuale rigonfiamento della regione Maculare retinica che andrà approfondito mediante OCT
  2. Fluorangiografia retinica.Si esegue quando si sospettano problemi alla retina e/o al nervo ottico. L’esame va eseguito a digiuno, ha la durata di pochi minuti (generalmente 5/6 min.) ed è preceduto dalla dilatazione delle pupille, che si ottiene attraverso l’impiego preventivo (20 min. prima) di un collirio specifico. Viene iniettata la fluoresceina per via endovenosa (solo dopo aver accertato che non si è allergici al colorante), un mezzo di contrasto che si distribuisce nei vasi dell’occhio, visualizzandone il decorso, il calibro o eventuali danni della parete capillare. In caso di anomalie vascolari, il colorante può evidenziare un accumulo di fluido all’interno della retina (edema) o una diffusione dello stesso in nuovi vasi sanguigni (retinopatia proliferante). A termine dell’esame può permanere una colorazione gialla della cute e delle urine di natura assolutamente innocua.
  3. OCT (Tomografia ottica computerizzata)È un esame diagnostico non invasivo e della durata di c.ca 10-15 min, che permette di ottenere delle scansioni della cornea e della retina per la diagnosi ed il follow-up di patologie corneali e retiniche e nella diagnosi preoperatoria e nel follow-up, consentendo quindi di evidenziare un’ eventuale presenza di edema della macula(rigonfiamento centrale della retina).

La Retina è fatta di terminazioni nervose, cellule e capillari. Lunghi periodi di iperglicemia peggiorati da elevati valori di pressione arteriosa possono indurre dilatazione dei capillari (Microaneurismi = Puntini rossi) ed eventuale rottura con fuoriuscita di grumi di grasso e sangue (Microemorragie = chiazze) fra le cellule e le terminazioni nervose.

(Retinopatia non proliferante).Se intorno a questi grumi si formano dei gomitoli di nuovi capillari che si rompono, l’emorragia (Retinopatia proliferante) può causare il distacco della retina.

Queste lesioni se si creano alla periferia (al bordo della pellicola) della retina possono non essere avvertite come alterazione del VISUS, ma se le stesse lesioni si creano invece nella regione MACULARE della retina (al centro della pellicola) responsabile della visione distinta e dei colori ci si accorge subito che qualcosa nella visione non va (EDEMA Maculare clinicamente significativo) e non si deve perdere tempo.

E’ opportuno rivolgersi subito all’oculista perché il rischio della riduzione o della perdita del VISUS è alta se non si interviene prontamente

E’ ampiamente dimostrato da diversi studi clinici che il controllo costante (per almeno 3-5 anni) della glicemia, della pressione arteriosa e dei lipidi nel sangue è in grado di prevenire e/o stabilizzare le eventuali lesioni già formatesi arrestandone l’evoluzione.

Anche alcuni farmaci specifici che agiscono sulla pressione arteriosa e sui trigliceridi nel sangue possono potenziare questo effetto sulla malattia.

La perdita o la riduzione della trasparenza del cristallino dà luogo alla “cataratta” (complicanza più frequente e anticipata nel diabete) la cui comparsa è proporzionale all’età, alla durata del diabete e al grado di compenso glicemico. All’inizio si formano opacità puntiformi che tendono poi ad estendersi a tutti gli strati del cristallino. La cataratta puo’ portare a cecità. Esiste tuttavia una cura chirurgica, che consta della rimozione, in anestesia locale, in circa 20 minuti della cataratta compromessa. Essa viene sostituita con una lente permanente di materiale plastico biocompatibile posizionata all’interno dell’occhio.

Il cristallino, peraltro, per poter svolgere la sua funzione deve essere perfettamente trasparente ed elastico, proprietà queste che derivano dalla sua particolare composizione e struttura ( Acqua e Proteine disposte concentricamente).

L’accumulo di zucchero nel sangue, in condizioni di glicemia elevata, tende a far disidratare il cristallino ed agglomerare le proteine che lo costituiscono , opacizzandolo temporaneamente e generando annebbiamento della vista/visione, che risulterà sfuocata e con sensazione di fastidio alla luce intensa.

La patologia afferente l’apparato visivo di per se stessa non è tanto dissimile da quella che colpisce altri organi del corpo umano, cambia la sua percezione ed anche e soprattutto gli effetti che essa comporta alla qualità della vita del soggetto diabetico.

Ma entriamo nel dettaglio: l’occhio è l’organo attraverso il quale abbiamo la percezione del mondo esterno, della vita reale, insomma di tutto quello che ci circonda. Una vera e propria “macchina fotografica” che ci consente attraverso uno scatto continuo di percepire e godere della vita che ci circonda. Esso si compone sostanzialmente di tre elementi:

  • Il cristallino: la lente biconvessa attraverso la quale le immagini e la loro messa a fuoco (mediante la contrazione del muscolo cigliare) vengono acquisite e trasmesse alla “retina”;
  • la retina, che sfruttando l’esempio della macchina fotografica, rappresenta la pellicola su cui vengono impresse le nostre immagini e al centro è posta la “fovea”, ovvero quella componente della retina che ci permette la definizione massima ed i colori della nostra immagine;
  • l’iride, ovvero il meccanismo che regola istantaneamente, come nelle migliori macchine digitali, la corretta quantità di luce necessaria ad una perfetta fotografia.

La macchina fotografica è perfetta e pertanto estremamente “flessibile e delicata” nella sua struttura, ma presenta dei capillari sanguigni “terminali” poco adattabili alle rapide e variegate escursioni glicemiche (ipo e iper glicemia) che caratterizzano il paziente diabetico.

Logica conseguenza di tutto ciò? Facile !!!! immaginiamo di pulire le lenti dei nostri occhiali con della carta spessa e ruvida; con il tempo si graffierebbero o quantomeno si opacizzerebbero. Bene lo stesso avviene per il letto vascolare dalla nostra retina in cui i capillari dilatandosi in maniera incontrollata per poi giungere alla rottura, porterebbero alla genesi di proliferazioni capillari “anarchiche” che esercitando una trazione sulla retina ne indurrebbero il distacco sino alla cecità se non trattata precocemente

Una delle complicanze più temute dai pazienti diabetici è proprio la “cecità”.

Questa paura nasce dal fatto che per lungo tempo la malattia non da segno di sè e quando il paziente diabetico inizia ad accorgersi che qualcosa non va, le lesioni sono ormai già evolute e anche se trattate opportunamente non si è piu’ in grado di restituire la capacità visiva andata perduta.

Per questi motivi è necessario sottoporsi a controlli precoci e periodici che identifichino la malattia in fase precoce quando è ancora possibile prevenire la cecità o la forte riduzione del Visus . Infatti nel DM2 alla diagnosi già tre pazienti su 10 presentano questa complicanza, come conseguenza nel ritardo diagnostico della malattia diabetica mentre nel DM1 puo’ insorgere solo dopo 3-5 anni di cattivo controllo glicemico a partire dalla diagnosi. Il rischio di insorgenza della patologia aumenta in maniera esponenziale a 10 anni dalla diagnosi di diabete

La terapia nella retinopatia è diretta sia alla prevenzione primaria ovvero l’ identificazione delle prime lesioni attraverso programmi di screening annuali, che si possono prevenire mediante un controllo metabolico intensivo e globale (attraverso un sano stile di vita, una terapia farmacologica personalizzata sia del diabete e che delle eventuali comorbilità), sia alla prevenzione secondaria, cioè la stabilizzazione della malattia, nei suoi diversi stadi, con la fotocoagulazione laser, la vitrectomia e terapie farmacologiche intravitreali (cortisonici e inibitori dei fattori di crescita endoteliali, VEGF)

La fotocoagulazione laser ha la finalità di bruciare i neo vasi per prevenire la cecità. Tale trattamento, sebbene inizialmente produca una sensazione di peggioramento della capacità visiva, tuttavia è in grado di arrestare l’evoluzione delle lesioni che porterebbero inesorabilmente alla cecità. Il trattamento, da effettuarsi precocemente, può essere di tipo panretinico (per la retinopatia proliferante) o a griglia (nella maculopatia essudativa).

La vitrectomia, consiste nella rimozione chirurgica del corpo vitreo e sostituzione con altre sostanze biocompatibili e viene riservata agli stadi più avanzati della malattia.

Le Terapie farmacologiche intravitreali, si utilizzano nella maculopatia diabetica clinicamente significativa mediante l’iniezione di farmaci che favoriscono il riassorbimento dell’edema.